Sembra un argomento distante dal nostro territorio, in particolare oggi nella quinta ricorrenza del crollo del ponte Morandi, una ferita sanguinante per tutti. Anche se la verità sta emergendo, la gravità e le responsabilità di chi poteva evitare la tragedia hanno proporzioni enormi. Non restituiranno mai chi ha perso la vita; chi ha perso la serenità, gli affetti, la casa e i ricordi più cari.
Non sembra che si cerchi di evitare altre tragedie già sotto gli occhi di tutti. Come quella che da secoli si consuma in Africa.
Rimanendo in tema di ponti, l’Africa è davvero ancora lontana? E’ una domanda la cui risposta non è scontata. Anzi, le risposte si sanno, perché si sa bene cosa pensino tutti tra i commenti sui social e le diverse prese di posizione. L’Africa fa ormai parte del nostro quotidiano per le centinaia di migliaia di migranti sbarcati in questi dieci anni (di cui migliaia tra morti, dispersi, rimpatriati ). Volenti o nolenti, aumenta il numero dei fortunati (o sfortunati) rimasti e in qualche modo inseriti nelle città e nelle campagne, chi ancora sfruttato.
Fa parte del quotidiano per il commercio di armi che arricchisce i produttori (spesso italiani). Fa parte del quotidiano per i minerali preziosi che non possono mancare ad uso della tecnologia e per l’abbellimento estetico. Il colonialismo non è terminato, ha solo cambiato nome ma la sostanza è la stessa. La sete di possesso dei beni materiali di questo continente continua ad accecare considerando “beni” anche gli uomini e le donne che lì sono nati.
Tutto si svolge alla luce del sole (quello africano .. che acceca di più?) e le giustificazioni non mancano mai. Continua a essere “forse” manipolata la situazione in Centrafrica, alla luce dei risultati referendari, con grandi rischi per la democrazia e la tenuta (forzata) della pace. Come pure nel Niger si rimane in attesa di vedere i risultati delle mediazioni diplomatiche, con la continua minaccia di una nuova guerra.
Tra i contatti di Ita Kwe per i numerosi progetti, le notizie sul Centrafrica esulano anche dai canali ufficiali e lasciano davvero molto amaro in bocca. Dopo i tanti anni in cui si sarebbe potuto arrivare a una conclusione delle violenze e degli sfruttamenti, si torna punto e a capo. Incredibile come non si impari nulla dalla storia meno e più recente. A distanza di secoli alcune cose non sono proprio cambiate di una virgola.
C’è chi dorme tra l’indifferenza per ciò che accade. Chi non dorme perché ha troppi interessi in ballo e deve calcolare sempre meglio per guadagnare sulla pelle degli altri. C’è chi non dorme per il sospetto e i complotti di cui potrebbe rimanere ( .. soltanto loro?) vittima. Infine chi vorrebbe tanto dormire in pace ma non può farlo per la paura di ciò che gli sta accadendo intorno. Tutto questo non solo in Africa, che per alcuni è ancora lontana, ma in tutto il mondo anche se l’emergenza più urgente sembra sia ancora per l’Ucraina. Basterebbe però che non dormissero quelli con la coscienza sporca, sperando che l’insonnia li aiutasse a ravvedersi.
Negli anni in cui Sergio Endrigo cantava queste canzoni, i Tecnici Volontari Cristiani tra cui in seguito fu anche Flavio, fecero “una scelta dell’altro mondo” mettendosi a disposizione senza bandiere politiche né strettamente cattoliche. Basterebbe che tornasse un po’ questa moda e forse tutto andrebbe meglio e davvero le parole “fratellanza universale” avrebbero un seguito.
Allora sì che costruire ponti (sicuri), e non innalzare muri di divisione, collegherebbe il mondo. Ponti di corrispondenza per l’unione, non per continuare a invadere. Ci vuole tempo ma tutto torna. Tornano i proverbi, il bene compiuto, le malefatte … e le mode, che in realtà (per fortuna o per sfortuna) proprio tutte non tornano. Come per i detenuti e le detenute di cui nell’articolo precedente, si parlerebbe di “persone” e non di numeri.