dal n. 19 al n. 12

Seconda sotto pagina “Dicono” per raccogliere ciò che è stato detto, scritto e registrato in modo pubblico riguardo Flavio e ITA KWE FLAVIO QUELL’OLLER ONLUS in ordine cronologico de crescente dall’ottobre al gennaio 2013 (da n. 19  a n. 12)

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19) Ottobre 2013: e gli Alpini, cosa dicono su Flavio??

Anche su internet: http://www.ana.it/page/prima-che-sia-troppo-tardi-

Tra i diversi ricordi di Flavio abbiamo anche quello di lui come Alpino del Genio Pionieri. Proprio oggi è saltata fuori da un vecchio libro una foto che lo ritrae con due commilitoni in un momento di … Ordine da Camerata!!  Questo è capitato a fagiolo per inserire una comunicazione apparsa nella sezione biblioteca del N. 9/2013 del mensile dell’A.N.A. (Associazione Nazionale Alpini)

Segnalazione del libro di Flavio sulla rubrica Biblioteca nel n° 9/2013

E a proposito di Alpini, ringraziamo il caro amico e commilitone di Flavio, Luigi Giasino, che lo ha ricordato scrivendo un pezzo per il Gavettone (la rivista della sezione Alpini di Pontedecimo) che però arrivò in ritardo e non fu pubblicato su quella, ma bensì in calce al libro che Flavio scrisse prima di lasciarci.

Il ricordo di un amico fraterno, che ha condiviso con Flavio il periodo del militare negli Alpini.

Il ricordo di un amico fraterno, che ha condiviso con Flavio il periodo del militare negli Alpini. Inserito tra i ricordi nel libro "Prima che sia troppo tardi"

 Ed ecco la foto di Flavio di cui parlavamo all’inizio!!

Flavio (primo a destra), insieme a due commilitoni, durante le pulizie della camerata nella caserma di Bressanone

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18) Commento inviato in data 9 giugno 2013 ad una nostra socia dalla sua cara amica Alda, al termine della lettura di “Prima che sia troppo tardi”.

“Ho finito proprio qualche giorno fa la lettura del libro autobiografia-ricordo di Flavio…..  E’ una testimonianza che lascia senza parole per la combinazione di semplicità e santità che lo caratterizza. Un uomo normale (apparentemente) che fa cose grandiose restando normale e condividendo le esperienze di vita  comuni a tutti. La differenza la fa, evidentemente, la fede che quando è così grande sposta le montagne, ma lì siamo nell’ambito del mistero……rispondere con tanta fermezza alla “chiamata”  è responsabilità di tutti allo stesso modo? Perché alcuni riescono ed altri no, magari anche cercando sinceramente di trovare risposte alla domanda fondamentale “Cosa faccio della mia vita?”   E’ Dio che ci sceglie o noi siamo responsabili, ma in che misura se Dio può tutto?   Inutile continuare a porsi domande che, oltre una certa misura, sono nemiche della vita…… bisogna provare a pregare di più è vero e sperare nella misericordia  di Dio come dice papa Francesco”.

Ci siamo permessi di chiedere alla Signora Alda di poter pubblicare il suo scritto, mandato via e-mail, perché racchiude brevemente il contenuto espresso in modo più ampio nel pezzo inserito al n. 17 (il precedente) e in qualche modo lo completa a livello spirituale.

Grazie di cuore a lei per aver saputo esprimere i suoi sentimenti in modo così chiaro ed efficace!

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17) Cosa dicono a pag. 2 del n. 5-2013  del GAZZETTINO Sampierdarenese uscito il 31 Maggio 2013  a firma del Prof.  Benito Poggio.

Dalla sua beata Africa al convento di Pontedecimo 

“Un grande eroe del nostro tempo”

È un grandissimo piacere presentare ai lettori del “Gazzettino sampierdarenese” gli eventi – molti gioiosi ed esaltanti, alcuni drammatici e dolorosi – della vita esemplare di Flavio Quell’Oller, un grande eroe del nostro tempo.

Anche se non sampierdarenese a tutti gli effetti, Flavio con la moglie e i quattro figli ha vissuto e operato per lunghi anni ai confini e nei pressi del Municipio di San Pier d’Arena: precisamente in quella industriosa e operosa Pontedecimo cui il nostro mensile, qualche anno fa, dedicò ampio spazio in un numero speciale curato con particolare perizia da Laura Traverso.

Nato nel 1955 nel piccolo paese di Cavalo, nel Veronese, in una famiglia poverissima, aveva l’aspetto del “gigante buono” per la sua stazza; e in realtà era tanto semplice e dalla vita esemplare al punto di non far mai pesare il suo aiuto agli altri; imitando in questo sua mamma Gemma e i suoi fratelli, era inoltre tanto generoso da accogliere e lo farà per tutta la vita – anche nella sua famiglia chi si trovava nel bisogno. Ma non era solo questo Flavio Quell’Oller, che fin da ragazzo, sono sue parole, “sognando guardava l’orizzonte”.

Di grandissima sensibilità morale e religiosa e di grandissimo valore umano e civile, quest’uomo semplice e generoso merita d’essere ricordato tanto a chi ha avuto la fortuna di incontrarlo e apprezzarlo, quanto d’essere portato a conoscenza di chi tale fortuna non ha avuto e ne ode il nome per la prima volta.

Chi scrive ha appreso tutto di lui dal bel libro, curato con particolare amore dal figlio Andrea Quell’Oller e da Stefano Calandriello, pubblicato dalla Essegraph (Sorriso Francescano), il cui ricavato – in memoria di Flavio e della nascente Associazione ITA KWE (“Fratello di tutti” in sango, dialetto centrafricano) andrà interamente a vantaggio dei più disagiati e dei più bisognosi. Flavio, come ogni ragazzino (scuola-collegio-seminario), sognava “la carriera di calciatore”, ma, amante più della pratica che della teoria, conseguì il diploma di “tornitore meccanico” entrando poi a far parte dei TVC (Tecnici Volontari Cristiani) e fatto il servizio di leva nel Corpo degli Alpini a Bressanone – si scoprì anche “rabdomante”, cioè cercatore d’acqua, come indicava il suo cognome: e l’acqua la trovò per i villaggi africani.

Grazie all’aiuto del fratello Rino, impresario edile, si trasformò in “abile muratore” (… anche se una volta gli capitò di cadere da sei metri procurandosi gravi contusioni e danni fisici) non solo per costruire chiese, scuole e ospedali nel Terzo Mondo, ma pensate, anche per realizzare, da “creativo inventore”, protesi e stampelle per i bimbi amputati, vittime della guerra, sfigurati dalla poliomielite o dalla lebbra, consentendo loro una vita normale.

Attivissimo sempre, divenne inoltre “maestro di falegnameria”, insegnando ai suoi allievi africani a confezionare di tutto: letti, armadi, sedie, tavoli, sgabelli, panche e armadietti… con la vendita dei quali riusciva a finanziare i costi per sostenere l’intera scuola.

Spinto da una forza interiore e dall’amore evangelico verso tutti, affrontò e superò difficoltà di ogni genere, prigione e malaria comprese. Svolse queste sue innumerevoli e preziose attività volontarie, da “missionario laico”, preparandosi dapprima a Lione, con i piccoli Fratelli dei poveri (quelli di Charles de Foucauld), vicino ai più diseredati, quindi trasmigrando, al fianco di numerosi frati, nelle missioni dei Cappuccini Liguri nella Repubblica Centrafricana (Bangui, Bocaranga, Mokundji-wali, Bouar, Ndim, Ndelè, Ngaoundaye, Bozoun e altre poverissime località), con puntate nell’America Latina (Perù), senza farsi mancare Israele, Medjugorje e, da ultimo, Lourdes grazie all’OFTAL. Dibattuto alla ricerca della sua via (convento o famiglia?), finì per far confluire in una la sua doppia aspirazione: nel 1990 formò la sua famiglia come gli aveva profetizzato Carlo Carretto a Spello, si sposò e andò a vivere nel Convento di Pontedecimo con la sua Silvana; lì, svolgendo con competenza e dedizione la funzione di “gestore del magazzino missionario” ebbero i loro quattro figli Francesco, Miriam, Alessandro e Andrea, ai quali affidò “il compito seguire sempre la via della Verità”. Vorrei che si fosse inteso dalle mie note che questo non è un libro che deve subire l’esame di critici freddi e distaccati, ma è un libro voluto e scritto fortunatamente in tempo: prima che fosse sfiancato dalla malattia non ancora riconosciuta (ai reni e al fegato) e “prima che fosse troppo tardi” dal nostro Flavio il quale, da sempre, covava il grande desiderio di essere “scrittore”.

Una pagina tutta bianca segna il limite ultimo del racconto di Flavio in prima persona; per nostra fortuna (e immagino con quale densa commozione) il filo rosso del racconto di “una vita straordinaria nella quotidiana normalità” è stato ripreso e completato dall’amatissima moglie Silvana Ozzano: lui e lei, ognora benignamente “rincorsi dalla Provvidenza”. Il libro-testimonianza prende il lettore fin dall’inizio, lo affascina e lo commuove mentre ne prosegue la lettura e infine lo riconcilia col mondo e con gli altri.

È da considerare, allo stesso tempo, un importante libro-verità perché valorizza e chiarisce il significato del termine “laico”, da intendersi uomo giusto e buono che affianca il “missionario” (non solo frate o prete, ma anche medico, ingegnere e altro ancora) al servizio del prossimo più indigente. Sì, può essere un libro-strenna da regalare a chi soffre e non ha più alcuna fiducia nella bontà dell’uomo e nella vita. Un libro, in definitiva, che fa bene e che fa sentire bene chi lo legge. Per tutta la sua vita, troppo breve (poco più di 50 anni), l’aspirazione di Flavio è stata quella, con le sue straordinarie capacità e la sua totale disponibilità al servizio, di portare pace e aiuto in tutto il mondo: e per raggiungere questa sua finalità egli ha sempre agito – non suoni come controsenso con la violenza della bontà e dell’altruismo, senza mai pensare al proprio interesse.

Le oltre 130 illustrazioni a colori e in bianco e nero di cui l’opera è arricchita consentono di addentrarsi nel libro visionandolo e rivivendo i momenti della vita di Flavio come in un film-verità. A lettura ultimata, dopo aver intuìto che Flavio altri non era che “un angelo caduto dal Cielo e vissuto in mezzo a noi facendo del bene a tutti quelli che ha incontrato sul suo cammino”, non ho potuto fare a meno di gridare: “Santo subito!”

Benito Poggio

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16)  Cosa dicono dal bollettino “LANTERNA MISSIONARIA” dei Frati Cappuccini Liguri – numero di Pasqua 2013, relativo alle Missioni Estere del Centrafrica e del Perù, a cura di padre Enzo Canozzi.scansione0005

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15) Cosa dicono dal bollettino della Parrocchia San Giacomo Maggiore di Pontedecimo “IL PONTE” uscito per la Pasqua 2013 – Con riferimento all’ultimo progetto intrapreso da Ita Kwe in favore della realtà carceraria locale. (PAG. 9-10)

Nelle settimane di Quaresima in Parrocchia ci è stato chiesto di portare un contributo in oggetti per l’igiene personale a favore degli ospiti del carcere di Pontedecimo. Abbiamo voluto sapere un po’ di più sulla realtà del carcere e perciò ci siamo rivolti al cappellano, Don giacomo Martini e a Silvana Quell’Oller, della “Fraternità Francescana”, che collabora attivamente, assieme ad altri volontari, per dare sostegno materiale e morale a questi nostri fratelli.  Chi volesse saperne di più può rivolgersi direttamente a Silvana.

 ERO  CARCERATO  E  SIETE VENUTI  A  VISITARMI

La frase esatta riporta l’atto di carità al singolare, ed è rivolta ad ognuno di noi personalmente, perché personalmente rispondiamo davanti a Dio per le nostre azioni attive, nel bene, e per le omissioni o azioni passive, nel male. Però la grande famiglia umana, prima, e la comunità cristiana universale, poi, ci esortano ad essere “prossimi” cioè vicini gli uni agli altri per esserci d’aiuto vicendevolmente, fino ad arrivare al sentimento più profondo dell’amore fraterno. Pura utopia, se vista a largo raggio, ma realizzabile se posta in essere a piccoli settori e in spazi limitati.

Di spazio, in effetti, i detenuti ne hanno ben poco, considerando le celle condivise e sovraffollate, in particolare nelle grandi Case Circondariali di alcune città, che hanno già questo problema con la popolazione locale “libera”.  Nel caso di Pontedecimo la convivenza interna ha i propri limiti, ma non eccede nel disagio dell’ambiente abitativo, essendo una struttura costruita con criteri moderni e inaugurata alla fine degli anni ’80. Vengono “ospitati” circa un centinaio di uomini e una settantina di donne con residenza relativamente stabile, più un numero variabile di “pendolari” di passaggio. E’ ovvio che se si trascorre un periodo di vita da quelle parti c’è senz’altro un motivo! Secondo la gran parte di coloro che vedono le cose dall’esterno, la conclusione più diffusa è che chi ha commesso degli sbagli, causando danni all’intera società, deve pagare e non può aspettarsi un trattamento da Grand’Hotel! Peccato, però che se la detenzione viene vissuta solo come un castigo, una limitazione pura della libertà, una costrizione a “non fare nulla dentro”, in attesa di poter “tornare a fare qualcosa fuori”, quel che si farà una volta riacquistata la libertà, non riporterà ancora alla dignità e all’onestà della persona in questione, per una serie di innumerevoli motivi.  Come fare, allora per non lasciare soli questi fratelli e, ancor più le loro famiglie, che vivono un disagio altrettanto grave? E le istituzioni, le guardie carcerarie, i numerosi lavoratori interni che si trovano a loro volta coinvolti in una sorta di prigionia, condividendo le proprie giornate con casi umani difficilmente risolvibili?

Ecco che finalmente ritorniamo alla frase d’inizio: da sempre la pietà cristiana, e non solo, ha portato gli uomini ad essere d’aiuto a chi è in difficoltà. Se può risultare complicato farlo da soli, la frase che viene in mente è: l’unione fa la forza! Da anni, anzi secoli, la Veneranda Compagnia di Misericordia ha fatto sua la pratica della carità verso i carcerati e più recentemente anche la comunità di Sant’Egidio si è affiancata ad essa con i suoi volontari, visitando, ascoltando, esaudendo le piccole richieste di chi non ha nessuno che lo vada a trovare, animando le celebrazioni liturgiche e organizzando il famoso “pranzo di Natale”. Tanti sono gli stranieri che si affidano quasi esclusivamente a queste figure, non avendo la possibilità di ricevere la visita dei familiari, perché troppo lontani. Punto di riferimento da anni è anche suor Maria Grazia, instancabile nella sua opera per far sì che i detenuti siano tranquilli, anche per poter avere un clima di serenità generale all’interno del carcere. Dal mese di dicembre la nomina di cappellano è stata assegnata a Don Giacomo Martino ed il suo impegno si è visto da subito, auspicando una più efficace collaborazione tra le diverse realtà di volontariato e proponendo alla Direzione di allargare anche alla Fraternità Francescana locale e all’Associazione ITA KWE FLAVIO QUELL’OLLERl’opportunità di essere d’aiuto, sia come sostegno spirituale ai detenuti, affiancandolo nella pastorale, sia nella possibilità di fornire i mezzi per impegnare con piccole attività manuali chi (dentro all’Istituto) può  essere indirizzato a ciò.  Come lo scorso anno, inoltre, è stata fatta la proposta di raccogliere generi di pulizia e prodotti igienici per venire incontro alle carenze di fornitura a cui hanno dovuto assistere i vari Istituti Penitenziari, per cui sia nella Chiesa Parrocchiale sia in quella del Convento dei Cappuccini, si possono lasciare questi materiali, che verranno poi distribuiti a seconda delle esigenze dei detenuti.

Non è uno scherzo! E’ Gesù che ci invita ad essere il prossimo per questi fratelli, con l’auspicio di poter dare la possibilità anche a chi è recluso di recuperare la propria dignità di uomo che, pur avendo sbagliato, fa  parte della società e può ancora trovare il modo di dimostrare le proprie capacità e la volontà di cambiare rotta nella scelta del bene comune.

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14) Dal “Settimanale delle 12,25″ del TGR – RAI 3 Liguria – 30/03/2013 (sabato santo) : si dicono cose molto interessanti!!

      Questa volta non c’è da leggere, ma da vedere direttamente. Si tratta di un servizio andato in onda (secondo nell’ordine) all’interno di un programma d’informazione della sede regionale RAI –  Come da ns. articolo del 1° Aprile 2013 (non è uno scherzo ma l’intervista non è stata salvata in archivio. al più presto verrà recuperata)

  Qui è doverosa una precisazione!   Erroneamente è stata menzionata la data di morte di Flavio come il 13 Gennaio 2011, anziché 6 Agosto 2010. Ancora una volta, però una svista ci porta a fare una riflessione, come già avevamo fatto per il n. 11 – pezzo su Mentelocale del 7/12/2012 (più sotto), che ci ha permesso di chiarire come è nata l’idea di costituire Ita Kwe.   Ora la data in questione ci riporta al caro  p. Valerio!  Il giornalista Tarcisio Mazzeo, autore del servizio, è rimasto molto colpito dal fatto che l’ultimo saluto dato a p. Valerio fosse solo sei mesi dopo il funerale di Flavio, comprendendo il grande affetto che lo legava alla famiglia Quell’Oller ed ha invertito involontariamente le date.

Cogliamo l’occasione per ringraziarlo dell’interessamento alla nostra storia e di averci dato l’opportunità di ricordare l’ultimo frate Cappuccino con l’incarico ufficiale di occuparsi della chiesa del convento, che è rimasto nel cuore di tutti coloro che lo conoscevano, senza nulla togliere  a p. Zaccaria e p. Riccardo, che attualmente si alternano tra una celebrazione e l’altra.

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13) Dal trimestrale dell’Ordine Francescano Secolare della Liguria – “LIGURIA FRANCESCANA” – anno XLIII N. 2/2012 – Pur comparendo il nome di Silvana in fondo, l’articolo è da considerarsi firmato dall’intera fraternità di Pontedecimo, in quanto estrapolato da un pezzo più ampio riguardante una serie di notizie sulla vita francescana locale.

In realtà la pubblicazione era avvenuta nel mese di giugno 2012, ma per una serie di eventi abbiamo potuto inserire il pezzo solo ora. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutta la redazione di Liguria Francescana, in particolare la consorella Susanna, per il servizio di informazione e formazione svolto tramite questa rivista, della quale abbiamo letto l’ultimo numero con la fine dell’anno 2012. Anche Liguria Francescana ha terminato la sua  storia e a noi restano le tante copie raccolte nel corso di quarantatré anni!!

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12) Dal calendario 2013 dei padri Betharramiti (preti del Sacro Cuore di Gesù di Betharram) ci dicono cose molto belle e piene d’amicizia per Flavio – redatto da p. Piero Trameri – Via A. Manzoni, 8 – ALBAVILLA (CO)

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