Morte e ressurrezione

Il pezzo che riportiamo può risultare un po’ “pesante”, ma considerando che descrive chiaramente la situazione attuale della R.C.A., ci sembra giusto proporlo come presa di coscienza e stimolo alla riflessione. Mentre noi, giustamente, ci apprestiamo a festeggiare la Pasqua nella gioia del Cristo risorto, tanti “poveri Cristi”, cadono sotto il peso della croce e sotto i proiettili delle armi e molti di loro non  si rialzeranno più …. su questa terra!

Tratto da un articolo su Misna del 29 marzo 2013, 

INCERTEZZA A BANGUI, BOZIZÉ CHIEDE ASILO IN BENIN

“Abbiamo anticipato le celebrazioni per il Venerdì Santo a causa del coprifuoco in vigore a partire dalle 19. Il nostro messaggio sarà un appello alla pace e alla riconciliazione dopo i giorni difficili che abbiamo vissuto nella capitale. Ai fedeli ricorderemo che dopo la Croce c’è la gloria. Come Gesù siamo stati derubati, ci sono stati saccheggi in cui tutti sono stati messi a nudo ma ora dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare a un futuro di speranza”: lo dice alla MISNA padre Francis Siki, curato della cattedrale di Bangui, teatro lo scorso fine settimana di un colpo di stato della ribellione Seleka che ha destituito l’ex presidente François Bozizé.

 “Per fortuna l’acqua e l’elettricità sono nuovamente disponibili. Si comincia a poter circolare liberamente per le strade della capitale, anche se la gente è ancora spaventata dai colpi d’arma da fuoco sporadici che si sentono. I benzinai non hanno riaperto così come i negozi quindi la vita non ha ripreso il suo corso regolare e si avverte ancora una lieve tensione” prosegue l’interlocutore della MISNA. In termini di sicurezza “è stata quasi del tutto ristabilita al centro di Bangui ma non nei quartieri più distanti dove sono in corso saccheggi mirati da parte di piccoli banditi, per lo più giovani armati nei giorni scorsi” dice ancora padre Siki.

 A lanciare un appello a tutela della gente è stato l’arcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonné Nzapalainga: “E’ una crisi politica. I nuovi dirigenti devono stare attenti affinché non abbia ripercussioni sulla sfera religiosa. Devono proteggere preti, religiosi e religiose, ma anche gli imam da aggressioni e furti”. Mentre è in corso un’operazione di identificazione degli elementi armati, invitati a raggiungere la base militare più vicina nella capitale, esponenti della Seleka hanno attaccato l’abitazione dei padri lazzaristi e aggredito il responsabile, padre Séraphin Zoga, pugnalato alla mano e al piede, per impossessarsi dei soldi raccolti durante la messa e di altri beni. “Non dobbiamo cadere nella trappola di chi cerca di mettere le varie comunità religiose l’una contro l’altra. In Centrafrica abbiamo sempre convissuto in modo sereno e rispettoso” sottolinea il curato della cattedrale. L’emittente locale ‘Radio Ndeke Luka’ ha invece riferito di saccheggi in edifici pubblici e privati anche a Bozoum (nord-ovest) e di lamentele dei pubblici funzionari per i danni subiti alle pubbliche amministrazioni, sottolineando “le difficoltà pratiche a riprendere il lavoro in tempi brevi”.

Un nuovo allarme per le difficili condizioni di lavoro nel settore sanitario è stato lanciato dagli operatori umanitari per quanto riguarda la “situazione catastrofica” negli ospedali della capitale, dove 200 feriti sono stati ricoverati e una quarantina sono tutt’ora in attesa di un intervento urgente. La Croce Rossa centrafricana ha chiesto alla popolazione di aiutarla ad identificare i 78 corpi prelevati per le strade di Bangui dal 24 marzo e trasferiti negli obitori della capitale.

Sul fronte politico, cresce l’attesa per la formazione del nuovo governo di transizione dopo la riconferma al posto di primo ministro di Nicolas Tiangaye. Oggi il presidente autoproclamato Michel Djotodia è apparso per la prima volta in pubblico alla moschea centrale di Bangui, mentre il nuovo potere ha tenuto celebrazioni per il 54° anniversario del padre della patria, il capo di stato Barthélémy Boganda, deceduto il 29 marzo 1959 in un incidente aereo. “In Centrafrica è stata voltata una pagina di storia, ora dobbiamo pensare al futuro in un altro modo” ha detto il capo ribelle Djotodia.

Per domani alcune forze politiche e della società civile hanno convocato una marcia di sostegno al nuovo potere, ma cominciano anche a manifestarsi dubbi sui primi provvedimenti presi dal neo presidente. Esponenti politici hanno chiesto l’organizzazione di una conferenza nazionale sovrana, con il sostegno della comunità regionale, per chiarire tempi e modalità di un breve ritorno all’ordine costituzionale. Inoltre c’è chi evidenzia l’ambiguità delle posizioni di Djotodia e delle sue future ambizioni politiche. La Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac) potrebbe pronunciarsi sul cambio di potere avvenuto a Bangui nel corso di una riunione urgente che si terrà il 3 aprile a N’Djamena.

Intanto il presidente deposto Bozizé ha fatto richiesta di asilo politico in Benin, come annunciato dal ministro degli Esteri beninese Arifari Bako: “E’ vero ha sollecitato il Benin come paese di accoglienza, ma per ora non si trova a Cotonou” ha detto, precisando che “si tratta di un argomento delicato sul quale si pronuncerà il presidente Thomas Boni Yayi quando rientrerà dal Sudafrica”. Bozizé si troverebbe tutt’ora a Yaoundé, in Camerun, mentre 28 membri della sua famiglia e alcuni collaboratori sono a Kinshasa, in Repubblica democratica del Congo.

 In Sudafrica, paese che secondo i bilanci ufficiali ha perso 13 soldati negli scontri della scorsa settimana contro la Seleka, non si placa la polemica sulle circostanze della loro morte e sulle motivazioni di una presenza militare di Pretoria in Centrafrica. Da alcune indiscrezioni pubblicate sul quotidiano ‘Mail and Guardian’ si evince che le truppe sudafricane sarebbero state dispiegate per proteggere il presidente Bozizé e investimenti in Centrafrica di società collegate all’African national congress (Anc, partito al potere). La stessa fonte aggiunge che i soldati sudafricani “stanno incontrando importanti problemi logistici”; una base di transito a Entebbe sarebbe stata concessa dalle forze armate ugandesi. Il generale ribelle Arda Hakouma, che ha guidato le truppe della Seleka verso Bangui, ha dichiarato che “negli scontri più difficili a Boali (70 km da Bangui), 35 sudafricani sono stati uccisi”.

Pubblicato da itakweflavio

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