ULTIME NOTIZIE E UN PO’ DI CRONISTORIA!

 

L’articolo forse ha qualche lacuna e imprecisione. Inoltre cita in particolare Emergency come organizzazione presente sul luogo (che è lì dal 2008 con un ospedale operativo nella capitale), quando missionari e altri organismi sono attivi e presenti da oltre trent’anni, se non di più, in zone veramente al limite e villaggi di savana, affrontando già da tempo problematiche e pericoli per così dire “congeniti”. in ogni caso merita un po’ di attenzione, perché se non altro si interessa al “caso”.

Ci auguriamo che, oltre all’interesse di questi giorni, per noi anche la preoccupazione considerando la presenza di Paolo, Francesco e l’amico Cristian insieme agli altri missionari, il mondo considerasse di più la situazione del Centrafrica e della zona Equatoriale del Continente. Si tratta della parte più povera del mondo e non basta avere un po’ di interesse saltuario da parte della pubblica opinione per essere d’aiuto veramente!

Da “La Repubblica .it” 

Scontri nella Repubblica Centrafricana
ribelli sempre più vicini alla capitale

Il paese, che ha molte risorse minerarie, in una posizione strategica e delicata. Assaltata l’ambasciata francese, i cittadini chiedono un ruolo attivo  di Parigi. Nella notte la notizia che le parti hanno accettato “negoziati senza condizioni”

dal nostro inviato DANIELE MASTROGIACOMO

 

Scontri nella Repubblica Centrafricana ribelli sempre più vicini alla capitaleIl presidente Bozize parla alla folla

DAKAR – Abbandonata al suo destino da Parigi, assediata dalle milizie dei ribelli del Fronte Seleka, la Repubblica centroafricana vive ore di incertezza e di grandissima tensione. Una sommossa guidata da diverse fazioni dei vecchi gruppi armati attivi fino al 2007 si è trasformata nel giro di tre settimane in una vera guerra che rischia adesso di travolgere il governo del presidente Françoise Bolize giunto al potere nel 2003 con l’ennesimo colpo di mano sostenuto dal vicino Chad. Nella notte si è aperto uno spiraglio di speranza quando Bangui Guy Pierre Garcia, segretario generale aggiunto della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale (Ceeac/Eccas), ha annunciato che l’esecutivo e il Seleka hanno accettato di andare al “tavolo dei negoziati senza porre condizioni”. Nessuna data è stata fissata ma secondo Garcia il dialogo avrà luogo a “Libreville senza indugi e nessuno ha posto delle condizioni”.

Come spesso accade nei paesi africani che non godono del tutto dell’indipendenza, concessa o conquistata nel 1960, anche la RCA si è trovata a fare i conti con le diverse pressioni dei gruppi etnici dominanti. Ma l’assenza di un potere centrale, autonomo dai sussidi e dalle influenze dei vecchi imperi coloniali, ha impedito la nascita di una società dove tutte le realtà tribali fossero equamente rappresentate. Il ricco e strategico paese ha quindi finito per subire una serie di colpi di stato e di rivolte (la più nota fu quella che portó al potere Jean Bedel Bokassa, un vero mitomane autoproclamatosi Imperatore) hanno reso più debole e ancora di fatto dipendente la Repubblica centroafricana, soprattutto dalla Francia che qui mantiene un’importante base militare con 300 soldati.

Il paese ha molte risorse minerarie e per decenni ha accettato di essere difeso e rappresentato dalla Francia. Parigi lo considera un suo protettorato e attraverso il Chad esercita le sue pressioni. Ma la guerra in Libia e la caduta di Gheddafi hanno modificato l’assetto geopolitico della regione. Molti miliziani del colonnello sono scesi verso sud e hanno riparato in Chad e in Centroafrica. Qui si sono alleati con le altre milizie attive da tempo nella zona, come Lra. L’Europa ha puntato sulla RCA ed è presente con degli uffici della Ue nella capitale Bangui. Una missione, la Micopax, sotto mandato della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale, ha il compito di difendere i civili e disarmare le milizie. Dispone di un contingente di 400 soldati. Gli Usa hanno concentrato qui il nuovo comando  delle truppe impiegate all’estero per affrontare quello che considerano il nuovo epicentro jihadista: il Mali. Ma anche per arginare l’offensiva dei radicali islamici degli al Shabab che, sconfitti in Somalia, minacciano di aggredire l’Uganda, da sempre guardiano degli equilibri in un’area che va dal Sudan ai Grandi Laghi.

Il Fronte Seleka rivendica i mancati accordi per l’integrazione delle milizie nell’esercito nazionale, il pagamento di alcuni indennizzi e la liberazione dei prigionieri politici. Accordi siglati nel 2007 ma poi, secondo le milizie, disattesi. Fortemente armate e motivate, hanno iniziato ad avanzare verso sud e a conquistare una serie di importanti città. Il presidente Bozize le ha sottovalutate, ha rifiutato di discutere un nuovo accordo, ha preso tempo. Ma la sua debolezza, dovuta alla mancata distribuzione delle ricchezze e a uno squilibrio nei rapporti tra le diverse etnie, è apparsa evidente anche sul piano militare. Oggi può contare solo sulla Guardia repubblicana che gli resta fedele per motivi tribali. L’esercito tenta una difesa del territorio ma é costretto a ripiegare.

Manifestazioni di protesta si sono svolte a Bangui: sostenitori e oppositori del regime hanno sfilato per la città. L’ambasciata francese è stata assaltata e danneggiata. Ma la situazione è rimasta sotto controllo. Solo ieri le notizie arrivate dal nord e dal centro del paese hanno reso evidente ciò che il governo di Bozize negava o faceva finta di ignorare. I miliziani si sono duramente scontrati con le truppe regolari a Bambali, una cittá a soli 70 chilometri dalla capitale. A Bangui un corteo di donne è sceso per strada invocando l’aiuto delle Francia. “Noi vogliamo la Francia, dipendiamo da lei, abbiamo bisogno di essere difesi”, si Ieggeva sui cartelli e si dichiarava con gli slogan. “Non vogliamo la guerra. I ribelli sono giá arrivati nella capitale”.

Parigi non ha raccolto l’appello. “Il tempo è scaduto”, ha risposto il Quai d’Orsay. L’ambasciata Usa ha deciso di chiudere la sua rappresentanza e di far evacuare tutto il personale non necessario. La stessa cosa ha fatto la Croce rossa internazionale. Sul campo resta Emergency: ha un ospedale pediatrico. Un presidio essenziale in un paese dove l’aspettativa di vita é di 48 anni e dove la mortalità infantile colpisce 112 bambini ogni mille. La macchina della mediazione internazionale si è messa in moto. Ma il rifiuto di Parigi e la mossa americana lasciano intuire che per il presidente Bozize i giorni sono contati. A meno di un intervento del Chad, che ha spedito le sue truppe alla frontiera, e dell’Uganda. Ma entrambi sembrano essere più sensibili a una decisione già presa dalla comunitá internazionale e attendono che la Repubblica centroafricana risolva il suo conflitto e trovi un nuovo equilibrio. Più consono alle esigenze energetiche e minerarie delle multinazionali.

(28 dicembre 2012)

 

Pubblicato da itakweflavio

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