Proprio venerdì scorso, durante la serata organizzata dai giovani soci, avevamo sottolineato quanto fosse ancora grave la situazione in R.C.A., dando ai presenti le ultime informazioni riguardo lo stato della crisi centrafricana. Puntando sulla gravità ancora attualissima e senza risonanza tra la maggior parte dei mass media, non avevamo fatto menzione dell’impegno di Ita Kwe per promuovere la petizione di luglio, quasi scoraggiati dai risultati ancora scarsissimi, malgrado le risposte positive del nostro Ministro degli Esteri, On. Emma Bonino, e la presa di posizione da parte dell’O.N.U. dopo il vertice di settembre a New York.
Infatti nulla capita per caso e dire che finalmente l’O.N.U. si sta muovendo (anche se è vero!) sarebbe stato azzardato, perché proprio il giorno seguente (cioè sabato 26 Ottobre) altri lutti e altre violenze si sono verificati nella zona di Bouar, proprio la Diocesi in cui operano i Frati Cappuccini Liguri, ai quali anche la nostra associazione si è appoggiata per inviare i materiali per la ristrutturazione dell’Ospedale e del Centro recupero disabili a Bocaranga.
CENTRAFRICA -28/10- ottobre 28, 2013 – 10:16
BOUAR, SCONTRI TRA MILIZIE LOCALI E SOLDATI EX-RIBELLI
“Si è conclusa con almeno 12 morti e un numero imprecisato di feriti l’ultima ondata di violenza nella città occidentale di Bouar. Fonti di stampa locale hanno riferito che alle prime ore del giorno di sabato uomini delle milizie chiamate anti-balakas (anti-machete) pesantemente armati hanno accerchiato la località di 40.000 abitanti, vitale per il commercio con il vicino Camerun. Bouar, 400 km da Bangui, viene considerata vicina all’ex presidente François Bozizé, destituito con un colpo di Stato della coalizione ribelle Seleka lo scorso 24 marzo, e sostituito da Michel Djotodia.
Le componenti di queste milizie di autodifesa, create da contadini e giovani per proteggersi dai ribelli, si sono scontrati alle porte di Bouar, in particolare nella zona dell’aerodromo. In tutto tra 300 e 500 uomini delle milizie hanno combattuto contro soldati dell’esercito, costituito in parte da ex-combattenti Seleka integrati nelle forze armate regolari, causando la fuga di più di 6000 civili rifugiati in una chiesa locale.
Nelle ultime settimane la situazione sul piano della sicurezza si è gravemente deteriorata anche a Bouar dove gruppi di ribelli che si rifiutano di disarmare continuano a uccidere, rubare e saccheggiare, spingendo la popolazione ad organizzarsi in milizie. Fonti locali hanno confermato che gli anti-balakas hanno soprattutto colpito esponenti della comunità musulmana, alla quale appartiene la maggioranza dei membri della Seleka e il presidente Djotodia, in un paese a maggioranza cristiana.
A sette mesi dal colpo di Stato, le nuove autorità di transizione non riescono a ristabilire l’ordine nell’ex colonia francese. Se la situazione è in via di miglioramento a Bangui, la capitale, soprattutto grazie al dispiegamento di soldati di altri paesi africani, si è invece deteriorata nelle regioni occidentali e settentrionali, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria.
Dicendosi “preoccupati” per il numero crescente di violenze intercomunitarie e interreligiose, i capi di Stato e di governo dei dieci paesi membri della Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac) hanno ordinato il disarmo forzato dei ribelli, e se necessario con la forza, oltre ad aver chiesto un potenziamento dei mezzi finanziari e logistici per dispiegare altri soldati in tutte le regioni. Sulla carta nelle prossime settimane il Consiglio di sicurezza potrebbe decidere di far passare la missione africana (Misca) di 2500 uomini, già dispiegata, sotto il comando dell’Onu”.