Cosa c’è sotto??

Vi proponiamo di dedicare una decina di minuti per riflettere su alcune considerazioni che oggi compaiono su misna, che sono sicuramente da condividere.  Le domande poste in questo pezzo sono le stesse a cui non si riesce a dare risposta da tempo: cosa c’è sotto?? Per quanto sia stato esauriente Monsieur Thibaud Lesueur, esperto di Centrafrica del gruppo di ricerca International Crisis Group, alcuni quesiti restano irrisolti. Sebbene la Repubblica Centrafricana sia indipendente da molto tempo non è ancora padrona del contenuto del proprio sottosuolo!! Tutti i disordini e i colpi di stato avvenuti in cinquant’anni dalla proclamazione delle Costituzione sono stati fomentati da qualcuno? E’ davvero così disinteressata la Francia, considerando il giacimento di uranio, i diamanti e il petrolio presenti, anche se non in quantità eccessive?

Quando avete tempo leggete e riflettete insieme a noi e grazie per l’interesse dimostrato dall’inizio della disavventura, ormai un anno fa!!

Scene di vita quotidiana a Bangui, ormai da troppo tempo!!

Centrafrica, 13 Dicembre 2013  tratto da misna

A Bangui proseguono le operazioni di disarmo attuate dai militari francesi dell’operazione Sangaris, che ha preso il via giovedì scorso, giorno in cui è arrivato il via libera del Consiglio di sicurezza dell’O.N.U. all’intervento delle truppe africane della Missione internazionale di sostegno al Centrafrica (Misca), autorizzando anche Parigi “all’utilizzo della forza e a tutte quelle misure necessarie a sostegno della Misca”. Secondo lo stato maggiore delle forze armate francesi, nella capitale ci sarebbero tra 3000 e 8000 esponenti di gruppi armati da disarmare. Un numero “molto difficile da valutare” ha detto il colonnello Gilles Jaron, portavoce dello stato maggiore, precisando che si tratta di uomini dell’ex ribellione Seleka, di miliziani di gruppi di autodifesa anti balaka ma anche di membri o ex membri delle forze di sicurezza centrafricane in possesso di armi o passati dalla parte degli anti balaka. A fare luce per la MISNA su questo scenario in rapida evoluzione e dagli sviluppi incerti è Thibaud Lesueur, esperto di Centrafrica del gruppo di ricerca International Crisis Group (Icg).

Mesi di silenzio e attesa sulla crisi in atto dal colpo di stato dello scorso marzo, seguiti da una celere ‘offensiva diplomatica’ della Francia all’Onu e sul terreno con il dispiegamento lampo di truppe a Bangui dell’operazione Sangaris e la Missione internazionale di sostegno al Centrafrica (Misca). Come spiegare questo cambio di rotta della comunità internazionale?

Effettivamente la reazione della comunità internazionale alla crisi centrafricana è stata molto più lenta rispetto al deteriorarsi della situazione sul terreno. Il punto di partenza è stato un’analisi errata dei principali partner internazionali del Centrafrica che hanno pensato che il presidente di transizione Michel Djotodia fosse in grado di ristabilire la sicurezza sul territorio nazionale e di avere il pieno controllo sui propri combattenti della Seleka, anche se da tempo buona parte di questi erano elementi incontrollati.

Diversi sviluppi sul terreno hanno contribuito al cambio di rotta della comunità internazionale, accelerando il processo diplomatico verso il voto di una nuova risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’O.N.U. lo scorso 5 dicembre. Ha avuto l’effetto di un ‘elettroshock’’ il manifestarsi di tensioni religiose, sempre crescenti, e il moltiplicarsi dei massacri tra le principali comunità che finora hanno sempre convissuto pacificamente. C’è stata una progressiva consapevolezza dei partner stranieri sul fatto che se il Centrafrica fosse sprofondato nel caos totale, risolvere la crisi sarebbe stato poi più difficile, più costoso e l’intervento sarebbe durato più a lungo. Inoltre se lo Stato centrafricano dovesse crollare del tutto, a spartirsi il paese saranno i signori della guerra che faranno man bassa su intere porzioni di territorio, sfruttandone le risorse.

Quali sono gli obiettivi/interessi francesi ed internazionali nell’intervento militare in corso a Bangui?

Diversamente da altri scenari aperti sul continente africano, il Centrafrica non offre molti interessi economici e strategici per Parigi. Ecco perché in un primo momento le autorità francesi hanno optato per una posizione di “neutralità vigile” e hanno deciso di rimanere fuori dalla partita. Alla luce del deteriorarsi della situazione sul terreno e vista la presenza a Bangui di 400 soldati, la posizione ambigua di spettatore della crisi non reggeva più.

Quale è la posta in gioco al livello regionale e quali sono le responsabilità dei paesi vicini nella crisi centrafricana?

La posta in gioco principale riguarda la sicurezza. In effetti il conflitto centrafricano ha già contagiato l’est del Camerun, dove dallo scorso giugno diversi attacchi dei ribelli centrafricani oltre il confine hanno causato vittime. Il rafforzamento del dispositivo di sicurezza lungo la frontiera deciso dal governo di Yaoundé fa capire tutta la preoccupazione delle autorità camerunensi.

Oggi Ciad, Camerun, Gabon, Repubblica democratica del Congo e Repubblica del Congo hanno messo truppe a disposizione della forza panafricana della Misca, sotto il comando dell’Unione Africana. A breve saranno dispiegati anche soldati del Burundi. Tuttavia la scissione all’interno di questa forza è chiara con i ciadiani da una parte e dall’altra gli altri contingenti. Dall’inizio della crisi politico-militare a Bangui, l’agenda di N’Djamena è ambigua. Ancora oggi ci sono rapporti stretti tra le forze ciadiane dispiegate a Bangui ed esponenti della Seleka, di cui una parte sono ciadiani. Il doppio gioco del Ciad nello scenario centrafricano costituisce indubbiamente un fattore di indebolimento della forza africana oltre a creare tensioni diplomatiche all’interno della Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac).

A Bangui c’è un gran disordine, la gente vive nella paura dopo i massacri della scorsa settimana, ma anche all’interno del paese da dove giungono pochissime notizie… Quali sono i protagonisti del caos centrafricano?

Da alcuni mesi il conflitto si è propagato su una porzione sempre più ampia del territorio nazionale. Nelle regioni interne, in particolare nell’ovest, si è innescata una spirale di violenza e di sanguinose rappresaglie tra fazioni della Seleka e gruppi di autodifesa anti balaka, milizie costituite da ex membri delle forze armate centrafricane e semplici contadini e abitanti dei villaggi, che hanno colpito soprattutto popolazioni civili. Da un mese a questa parte questo forte contrasto ha anche raggiunto Bangui, alimentando ulteriori tensioni religiose. Le violenze sono state sempre più a sfondo religioso e interconfessionale, con moschee e chiese attaccate, spingendo migliaia di abitanti della capitale a scappare nelle vicine foreste o a raggiungere i campi profughi allestiti al centro.

Il colpo di stato dello scorso marzo viene spesso citato come punto di partenza della nuova crisi mentre le autorità di transizione, a cominciare da Djotodia, non sono riuscite a ristabilire l’ordine. Quali sono in realtà le cause profondi che hanno trascinato il paese sull’orlo del baratro?

 Il conflitto in corso è il risultato di decenni di malgoverno, di inadeguatezza della classe politica in Centrafrica. Una cattiva gestione, o un’assenza di gestione, dello Stato, tradottasi in crescente povertà, insicurezza sempre maggiore, in particolare in alcune regioni, tra cui la Vakaga (nord-est), storicamente marginalizzate dai poteri che si sono succeduti a Bangui, diventando terreno fertile di ribellioni come la Seleka.

Inoltre la nascita di questa coalizione ribelle (nel 2012, ndr) è la conseguenza diretta della totale paralisi del regime di François Bozizé sul piano della sicurezza e del mancato rispetto degli impegni presi in occasione della firma dell’Accordo di Libreville nel 2008 che prevedeva l’adesione dei gruppi armati – parte della coalizione Seleka – ad un processo di disarmo, smobilitazione e reintegro.

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Anche a bangui si chiedono come mai questo intervento massiccio da parte della Francia: http://www.journaldebangui.com/article.php?aid=5737

Pubblicato da itakweflavio

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