Come anticipato in un articolo precedente, ecco che il nostro socio Francesco condivide con noi le sue riflessioni dopo il viaggio fatto in India per porre le basi di un nuovo progetto da sottoporre al consiglio di ITA KWE.
Ne facciamo tesoro per puntare il più possibile ad un aiuto mirato che non rischi di occidentalizzare i giovani che ne usufruiranno ma li sostengano a proseguire i loro studi seguendo la cultura e la saggezza che appartengono alle proprie radici, rendendoli però protesi verso una coscienza civile e sociale che permetta loro di partecipare in modo autentico al futuro del mondo.
- Libertà, felicità, personalità individuale, spiritualità, tradizione, pienezza, in una parola: ESSENZA.
- Immobilizzato dalle catene di una produzione insensata, frustrato, meccanismo sostituibile di un sistema insensibile, ignorante in materia di tradizioni e spiritualità, vuoto, in una parola: APPARENTE.
Le prime sono le caratteristiche dell’indiano vero, dell’africano vero, dell’essere umano vero.
Il secondo invece è l’uomo “moderno”, finto, insoddisfatto, posseduto dai suoi possessi.
Nei Paesi in via di sviluppo, quelli che noi chiamiamo ancora del “Terzo Mondo”, l’uomo vero si sta sempre più trasformando nell’uomo “moderno” e sta diventando come noi.
Gandhi diceva che l’India vive nei villaggi perché essi, ancora “puri”, mantengono cultura e tradizione della propria Nazione. Si può dire lo stesso dell’Africa.
L’India appunto, come gli altri Paesi in via di sviluppo (ormai odio questa parola), ha ancora una forte identità intellettuale e tradizionale nei villaggi, mentre nelle città si vede molta insostanzialità.
La straordinaria cultura indiana, nata con l’induismo più di 4.000 anni fa, li ha indirizzati verso uno stile di vita (almeno in Kerala, non posso parlare del resto dell’India non essendoci stato) ultra tollerante, per questo altre religioni come Cristianesimo e Islamismo hanno potuto prosperare senza troppi conflitti. Questo atteggiamento tollerante porta gli indiani ad essere fin distaccati (infatti chi tollera rispetta e chi rispetta non è indiscreto) e questa loro delicatezza può, a volte, mettere a disagio. Ma se la si guarda col senno di poi, è molto facile da superare.
La loro tradizione culinaria può essere definita sicuramente “piccante” e la loro lingua ha qualcosa di veramente spirituale udita nel canto delle preghiere (soprattutto se ascoltata per cinque ore al giorno).
Nel complesso il Kerala è un paese unico, con la sua geografia, le sue genti, i suoi panorami, le sue spiagge (potrei andare avanti all’infinito), da cui si può e si deve imparare molto. Una terra di spiritualità, gioia e alacrità. Un Paese da preservare e da aiutare nel rispetto della cultura e …. dell’uomo che vi abita!
Francesco Quell’Oller
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Mi ripeto, ma non riesco a non dire: BRAVO FRANCESCO!
Sei proprio degno Erede di…………..ITA KWE!!!
Tania.
Grazie Tania per il sostegno e l’affetto. Speriamo di poter fare del bene nel modo giusto per questo nuovo progetto che sta prendendo forma. Francesco