BUONA MISSIONE, PAPA FRANCESCO!!

Non possiamo che gioire per la scelta del nuovo successore di Pietro!

A partire dal secolo scorso, in particolare dopo l’avvento del Concilio Vaticano II, la Chiesa Cattolica Cristiana  (le tre parole significano: Assemblea Universale in Cristo) ha davvero messo in pratica l’universalità del proprio mandato, abbracciando dapprima l’Europa e ora l’America Latina così da raggiungere concretamente anche l’altra parte del mondo. Questo passando da un Papa all’altro (dagli ultimi Italiani, che con il caro  Papa Luciani hanno lasciato il testimone al  polacco Giovanni Paolo II, il cui ricordo è sempre vivo nel cuore di tutti e all’umile ma sapiente teologo tedesco Benedetto XVI, tuttora forza viva anche se  nascosta) fino ad arrivare a oggi, non a caso: 13/3/13 – la Santissima Trinità ci ha messo lo zampino! – con l’Argentino Giorgio Mario Bergoglio e l’inedita scelta del nome di San Francesco, chissà perché mai utilizzato prima, ma di buon auspicio in un’epoca in cui la Chiesa di Roma dev’essere  più che mai sorretta!  Per ITA KWE, inoltre, è significativo anche che “La Compagnia di Gesù di S. Ignazio di Loyola” – i Gesuiti – rappresentino in modo completo la missionarietà, sia con le opere sia con l’educazione e la formazione seguita. Non a caso i famosi T.V.C. di cui parla Flavio nel suo libro, erano nati proprio dai padri Gesuiti e lui stesso continuava ad essere legato affettivamente a loro, essendo stato formato come tecnico volontario cristiano.  Chi avrà visto il film “Mission”, si ricorderà bene la determinazione nell’essere testimoni fino in fondo! Infine, arrivando dall’Argentina sembra proprio che ci sia stato un riscatto per il martirio e le ingiustizie sofferte (proprio a causa di “cattolici ferventi”) dal popolo indigeno, inerme e semplice. Le sue origini italiane, poi, ci riempiono di patriottico orgoglio, considerando i tempi grami in cui la nostra amata Patria sta navigando, o meglio “galleggiando”.  Chissà se, da buon pescatore e navigatore quale era l’apostolo Pietro, anche il suo successore non possa dirigere la barca della Chiesa  guidandola ad un porto sicuro ed essere di stimolo a raddrizzare il timone della barca diretta dai nostri governanti, per recuperare la rotta da tempo smarrita, facendo sì che non continuino ad andare alla deriva!

Papa Francesco I
Papa Francesco si affaccia per la prima volta dalla finestra di Piazza San Pietro

Prendiamo provvisoriamente in prestito quest’immagine in attesa di averne delle altre, per accogliere e ringraziare il 266° Papa della storia della Chiesa Cattolica, l’argentino Jorge Mario Bergoglio,  successore di Papa Benedetto XVI.  A 76 anni, il gesuita arcivescovo di Buenos Aires ha accettato la propria elezione dalle mani dei suoi fratelli Cardinali, mettendosi a servizio della Chiesa e dell’umanità intera, consapevole delle difficoltà e delle prove a cui essa è sottoposta continuamente e si è inchinato di fronte all’assemblea riunita in Piazza San Pietro chiedendo la Benedizione del Popolo di Dio per essere sostenuto nel suo ministero, invitandoci da subito alla comune preghiera reciproca. Questo è stato il conclave in cui sono bastate cinque votazioni, ma tutti noi abbiamo avuto più tempo per meditare e pregare così anticipatamente e con responsabilità cosciente sull’importanza di chi sta alla guida dei popoli. Nell’anno della Fede, la modalità in cui si è svolto il passaggio tra i due pontefici e la presenza fisica oltreché spirituale di entrambi, ci rassicura che lo Spirito Santo illumina veramente le menti e che la preghiera semplice e sincera ……….fa miracoli!!  Ora  possiamo pienamente avvicinarci alla Settimana Santa e rivivere la Pasqua nel suo significato di passaggio che libera dalla schiavitù di tutte le ansie terrene!

Per chi volesse meditare un po’ e vedere qualche foto in: Francesco Papa_il suo Sì

Jorge Bergoglio, un Papa dalla «fine del mondo»
13 marzo 2013

Jorge Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, nato il 17 dicembre 1936, è il nuovo Papa, con il nome di Francesco I. Si tratta del primo gesuita a essere eletto pontefice e del primo papa non europeo nella storia della Chiesa. E’ anche il primo vescovo di Roma appartenente a un ordine religioso dal 1846.
Indicato come possibile papa nel Conclave del 2005, Jorge Bergoglio non era indicato tra i «favoriti» in quello appena concluso.
Di origini piemontesi (Asti), Bergoglio entra nella Compagnia di Gesù e si laurea in Filosofia. Dopo essere stato Provinciale dei gesuiti argentini, il 20 maggio 1992 è nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires e nel 1997 arcivescovo coadiutore della capitale. Il 21 febbraio 2001 è creato cardinale da papa Giovanni Paolo II. È stato capo della Conferenza episcopale dell’Argentina, dal 2005 al 2011.
Viene descritto come restio ad accettare ruoli curiali (aspetto peraltro comune a tutti i gesuiti, che si impegnano a non accettare ruoli nella gerarchia ecclesiastica) e oppositore del lusso e degli sprechi. Numerosi i suoi interventi in difesa della famiglia e a favore dei poveri, specie durante e dopo la grave crisi economica che ha colpito l’Argentina nel 2001. Conduce una vita austera, a Buenos Aires si sposta preferibilmente con i mezzi pubblici e vive in un appartamento modesto. Frequentemente confessa in cattedrale, come un sacerdote qualunque. Si racconta che quando venne creato cardinale molti compatrioti organizzarono raccolte fondi per volare a Roma, ma Bergoglio li obbligò a restare in Argentina e a distribuire i soldi raccolti ai poveri.

Anche il Cardinal Martini sarebbe stato d’accordo su questa scelta!

Quello che segue è un articolo apparso sul Corriere delle sera del 25/02/2013

Il lascito del cardinale per un cambiamento radicale della Chiesa

Martini voleva dire al Papa:
“servono giovani, poveri e donne”

La principale preoccupazione del cardinale era la perdita di credibilità della Chiesa

L’8 agosto 2012, su richiesta del cardinal Martini, gli ho fatto visita a Gallarate insieme a Federica Radice Fossati Confalonieri; è stato il nostro ultimo incontro. Abbiamo celebrato la Santa Messa in quattro nella cappella della casa dei gesuiti. Pregava, ormai con un filo di voce, per una missione a favore dei bambini di strada della Transilvania, per i giovani e per la donna impegnati in quel Paese. Al momento della Comunione ha voluto alzarsi e con un aiuto ci è riuscito. Non dimenticherò mai quella scena, quanto fosse profondamente prostrato e nello stesso tempo forte. La fiducia di quest’uomo proveniva da un altro mondo. Dopo la Messa l’ho riportato in camera sulla sua sedia a rotelle. Era la stanza modesta di un gesuita.

Nel parlare, il cardinale cercava faticosamente ogni parola. Compiangeva la Chiesa che pure amava. Solo la sua fede in Dio spiega perché abbia lasciato le istituzioni ecclesiastiche e il ricco mondo occidentale con parole di critica radicale.
«La Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi». Con fede, fiducia, coraggio. Per consentire l’ingresso dello Spirito Santo nell’Istituzione il cardinale ha suggerito al Papa e ai vescovi di circondarsi di persone vicine ai giovani e ai poveri. Naturalmente tra queste vi devono essere anche donne. Solo con uomini anziani sarebbe impossibile.

La principale preoccupazione del cardinale era la perdita di credibilità che la Chiesa aveva subito presso vaste schiere di persone. Non si trattava delle leggi o dei dogmi, ma della capacità di assistenza, di ascolto. «Sappiamo occuparci delle domande dei giovani, dei problemi delle famiglie allargate, dei non credenti?», chiedeva dubbioso. Coloro che sono lontani dalla Chiesa hanno un messaggio per noi, sosteneva. Più che la coincidenza di vedute gli interessavano il dialogo, la comune ricerca. Il suo pensiero ammetteva le contraddizioni, come la Bibbia.

Più volte ha chiesto che la Chiesa si scusasse per quanto aveva affermato in passato sul tema della sessualità. Con un coraggio, come quello che aveva mostrato Giovanni Paolo II quando in Israele chiese perdono agli ebrei per i peccati della Chiesa. A questo proposito scrisse a papa Benedetto XVI personalmente. Spesso citava ad esempio l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, un Papa al quale era particolarmente legato. Affermava poi che la medicina e la psicologia avevano molto di nuovo da dirci sulla famiglia e la sessualità.

Le critiche espresse dal cardinale nel suo ultimo colloquio erano come un testamento, scritto per amore. Con fermezza poneva alcune persone al centro: i poveri, coloro che ricercano la fede, le donne e gli stranieri. A loro si era dedicato con tutte le forze per l’intera vita. Non a caso le sue richieste hanno preso il nome di «Agenda Martini» per il conclave.

Il cardinal Martini era molto vicino a papa Benedetto XVI. Per oltre un decennio, come cardinali sono stati membri della Congregazione per la Dottrina della Fede, avevano anche la stessa età. Eppure i due uomini avevano sentimenti e pensieri molto diversi. Ciò nondimeno la lealtà dell’anziano cardinale al Santo Padre era indiscutibile. Era il giugno del 2012 quando il cardinal Martini ha visto per l’ultima volta papa Benedetto XVI, in visita a Milano. In quella occasione, è tornato nel palazzo che aveva lasciato nel 2002. Lo ha fatto in sedia a rotelle e il Papa si è chinato su di lui. Quando ha quasi ordinato al Pontefice di accomodarsi, questi contro ogni regola dettata dal protocollo si è seduto e l’anziano vescovo ha potuto ravvisare nei suoi occhi stanchi la fragilità del coetaneo. Il coraggio l’ha così abbandonato, non poteva fargli le proposte che aveva preparato. Gli ha detto solo: «Santo Padre, prego per Lei e per la Chiesa».
Il cardinale ha raccontato commosso di quell’incontro con il Pontefice e aggiunto con una nota umoristica: «Il sarto del Papa dev’essere un artista per fargli star bene gli abiti». La sua infermiera gli ha chiesto allora: «Eminenza, Lei, debole e anziano, lascerebbe l’ufficio di Papa o vescovo?». Il cardinale deve aver risposto: «Sì, mi ritirerei a Montecassino». Era come se avesse spianato la strada alla grande e sorprendente decisione del Pontefice.

Cosa dice l’«Agenda Martini» a proposito del profilo del nuovo Papa?Cosa deve avere dei suoi predecessori?

Deve essere un ottimista come Giovanni XXIII: non difendere ciò che è antiquato, ma aprire le porte della Chiesa al nuovo. Deve avere molta comprensione umana e fiducia nel futuro.

Deve avere amore come Paolo VI. Forse aveva un eccessivo timore delle possibilità offerte dalla tecnologia, dalla medicina e dalla libertà sociale, ma era una preoccupazione per l’uomo, come amava sottolineare il cardinal Martini quando criticava l’Enciclica Humanae Vitae . Lo poteva testimoniare egli stesso, poiché Paolo VI lo invitava spesso come un amico, a discutere di questioni bibliche.

Deve essere deciso come Giovanni Paolo II. Il cardinal Martini raccontava che il Papa polacco aveva nominato lui, originario di Torino, arcivescovo di Milano, senza ascoltare le obiezioni. Aveva deciso e basta. Con la sua forza riusciva a muovere molte cose in Vaticano e nella politica ecclesiastica. Una forza che ha fatto addirittura crollare la cortina di ferro.

Può costruire su ciò che ha fatto Benedetto XVI che voleva preservare la Chiesa dai pericoli, voleva tenere tutti nella comunità ecclesiastica, anche la Fraternità San Pio X. Puntava sulle élite, che vedeva nei nuovi movimenti. Ora ci vuole l’ agere contra, un movimento rivolto alle parrocchie, la rivalutazione delle chiese locali e l’ascolto del mondo intero, come coraggiosamente faceva il cardinal Martini. Benedetto XVI nel suo clericalismo era spinto da forze centripete, ora occorrono energie centrifughe. Con un vescovo proveniente dal Nuovo Mondo, dall’Africa o dalle Filippine, lo Spirito Santo ci può sorprendere più che con un difensore del Vecchio Mondo. Quanto deve essere giovane, straniero, sfrontato o di colore oggi uno strumento dello Spirito Santo?

Georg Sporschill 

Pubblicato da itakweflavio

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