da 22-2 a 30-9-2018

Per comprendere tutta la storia degli ultimi sei anni in Centrafrica visitare la pagina madre  R.C.A. e aprire le varie pagine di aggiornamento dal dicembre 2013 fino alla precedente a questa.
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Aggiornato al  20 Settembre 2018
Profonda tristezza per la situazione stagnante del Centrafrica ….
Di nuovo in subbuglio la situazione Centrafricana, dopo che la Russia, la Cina e ancora la Francia, vogliono chiaramente mantenere il controllo della nazione ormai sempre più in balia di chi sfrutta di più le risorse del sottosuolo. Le armi sono sempre presenti tra la popolazione e la sicurezza ancora lontana. Per approfondimenti:  https://it.sputniknews.com/mondo/201808036322429-giornalisti-russi-uccisi-Francia-guerra-Russia-diamanti-risorse/
Aggiornato al 9 Maggio 2018 – Dopo l’aggiornamento dell’articolo sull’home page, riprendiamo quanto accaduto il 1° Maggio e segnalato ampiamente anche su media di grande portata.
Il nostro socio Sandro Pini (T.V.C. come Flavio) ha condiviso una comunicazione ricevuta tramite p. Dorino Livraghi, con cui ITA KWE ha avviato un progetto a favore di una quarantina di giovani orfani o figli di profughi a Bangui, ormai quattro anni fa, e uno a Sobanet, in Guinea Marittima nel 2016. Ecco il testo della lettera di un padre Carmelitano:

Bangui, ferita, in cerca di eroi

Notiziario dal Carmel di Bangui n° 21 – 8 Maggio 2018

« Nei momenti più difficili emergono degli eroi e non dubito che degli eroi esistano nella Repubblica Centrafricana per alzarsi, come un solo uomo, per dire no alla violenza, no alla barbarie, no alla distruzione di se stessi ». È questo l’appello che l’arcivescovo di Bangui, il cardinal Dieudonné Nzapalainga, ha rivolto alla capitale e all’intera nazione in questi giorni drammatici, carichi di tensione e di tristezza.

Cos’è successo a Bangui? La mattina del primo maggio, durante una celebrazione nella parrocchia di Notre Dame de Fatima (a poca distanza dal nostro convento), un gruppo armato proveniente dal quartiere Km5 (un’enclave a maggioranza musulmana, da anni il focolaio principale delle tensioni della capitale) ha aperto il fuoco sulla gente in preghiera provocando morti e feriti. L’incursione è avvenuta come rappresaglia in reazione ad un tentativo da parte delle forze dell’ordine di catturare alcuni elementi di questo gruppo armato che, di fatto, tiene in ostaggio la capitale e alcuni stessi musulmani del quartiere. 

I fedeli a Fatima avevano appena proclamato la loro fede e stava per iniziare l’offertorio. Ma la Messa è continuata con il sacrificio di sedici cristiani, tra i quali un sacerdote, l’abbé Albert Tungumale Baba. Lo scontro è poi continuato – per giorni – in altri quartieri della città provocando altri morti, altri feriti e la distruzione di due moschee. L’episodio di Fatima, che ha ferito e lasciato quasi incredula l’intera città, è avvenuto inoltre a poche settimane dell’uccisione a Séko (nel centro del paese) di un altro sacerdote, l’abbé Désiré Angbabata, insieme a undici suoi parrocchiani.

L’abbé Albert, settantun anni e tra i sacerdoti più anziani del clero di Bangui, era un pastore stimato e conosciuto per la sua semplicità e simpatia, e soprattutto per la sua opera discreta e infaticabile in favore della riconciliazione tra cristiani e musulmani. Durante le fasi più acute della guerra aveva accolto per diversi anni, nella sua parrocchia vicinissima al Km5, migliaia di profughi provenienti dai quartieri vicini. L’abbé Albert, inoltre, era a tutti noto per il suo grande amore per il sango, la lingua nazionale del Centrafrica, non particolarmente ricca di vocaboli. L’abbè Albert riusciva a tradurre ogni parola (senza usare il francese), con soluzioni geniali o giri di parole divertenti. Una volta, mentre eravamo in macchina insieme, tradusse pure il mio nome, decretando che mi si doveva chiamare Bwa (che in sango significa sacerdote) Federiki.

In un’intervista l’abbé Albert aveva detto che solo Dio può ormai salvare il Centrafrica. Non aveva tutti i torti. A salvare il Centrafrica ci hanno provato, e ci stanno ancora provando, in tanti: l’esercito nazionale, le truppe dell’Unione Africana, la missione francese (che ha comunque il grande merito di aver impedito che il conflitto diventasse un massacro), i soldati dell’Unione Europea, poi la Minusca, la grande missione dell’ONU (che, pur con tutti suoi limiti, resta al momento l’unica soluzione possibile) e ora sono all’orizzonte anche i russi. Ci ha provato pure papa Francesco che, con la sua visita nel novembre del 2015, era riuscito a regalare una tregua sufficiente per eleggere democraticamente un nuovo presidente. Con il tempo, purtroppo, l’effetto di quella visita è come svanito e l’occasione di voltare pagina è stata per l’ennesima volta sprecata. Gli scontri si sono moltiplicati su tutta l’estensione del paese e quella pace, che avevamo appena accarezzato, sembra quasi più lontana di prima.

Perché è iniziata questa guerra? E perché sembra impossibile arrestarla? Le guerre sono sempre complesse, iniziano per tanti motivi ed evolvono nel tempo. Anche per chi abita qui da anni, è difficile spiegare le vere ragioni del conflitto e, ancor di più, suggerire la soluzione giusta per spegnere l’incendio evitando che si propaghi ora qui, ora là – quasi come i fuochi della savana – lasciando solo morti, distruzione, paura e scoraggiamento. Attualmente i due campi avversari non sono neppure così nettamente distinguibili, come nei primi anni della guerra, tra Seleka (la coalizione delle milizie a maggioranza musulmana, tra cui anche mercenari di altri paesi) e gli anti-balaka (le milizie di autodifesa, sorte a difesa della popolazione del paese, a maggioranza cristiana, ma dalle quali i vescovi hanno sempre preso le distanze). La Seleka è ufficialmente sciolta. Ogni gruppo di ribelli ha il suo capo, i suoi obiettivi e la sua zona d’influenza. Non c’è più quella guerra casa per casa, quartiere per quartiere che Bangui aveva conosciuto nel 2013 e nel 2014. Ora si tratta di battaglie che hanno per protagonisti gruppi di autodifesa, i soldati dell’Onu o le forze dell’ordine. Tre quarti del paese sono come fuori dal controllo dell’autorità dello Stato.

La guerra in Centrafrica, iniziata di fatto già nel 2012, non è uno scontro confessionale o etnico. Si tratta piuttosto dell’ennesimo conflitto per la conquista del potere e per lo sfruttamento delle ricchezze di cui abbonda il sottosuolo. Purtroppo, l’elemento confessionale si è inserito violentemente, avvelenando quella convivenza tra cristiani e musulmani che faceva del Centrafrica – in un tempo ormai lontano – un esempio di coabitazione pacifica. Seko e Fatima confermano che per ritornare alla situazione precedente la strada è ancora lunga.

Durante l’omelia, in occasione dei funerali del sacerdote ucciso e di alcune delle vittime, il Cardinale di Bangui ha messo tutti con le spalle al muro denunciando l’inerzia del governo, la lentezza dell’Onu e il rischio che i cristiani cedano allo sconforto o, peggio ancora, alla logica della violenza e della vendetta. C’è un nemico insidioso che sta distruggendo il Centrafrica. E questo nemico, ha scandito il Cardinale, è il diavolo. Solo le armi della fede possono vincerlo.

Bangui, ferita al cuore della sua fede, non è arrabbiata con Dio. È arrabbiata piuttosto con quegli uomini che non vogliono la pace e, quasi obbedendo a un’agenda nascosta, si ostinano a bloccare il paese, come se fosse ineluttabilmente condannato alla miseria e alla guerra. Bangui e tutto il Centrafica sono in cerca di eroi – tra i governanti, i soldati, i giovani – che si alzino come un solo uomo e dicano no alla guerra e sì alla pace.

 Federico Trinchero

Liberamente tratto da R.it: Le vittime sarebbero almeno 16. In particolare, la chiesa di Nostra Signora di Fatima è stata attaccata con granate e a colpi di armi semiautomatiche mentre molti fedeli cattolici erano riuniti per una messa che celebrava la festività di San Giuseppe. Secondo le prime informazioni diffuse da Radio France Internationale, 9 persone sono state uccise e oltre 60 ferite. Tra le vittime c’è un sacerdote, padre Albert Toungoumalè-Baba. Gli aggressori, appartenenti molto probabilmente ai miliziani islamici del distretto PK5, sono stati respinti dalle forze di sicurezza. Gli scontri avrebbero lasciato sul suolo altre vittime.

La minoranza islamica della capitale della Repubblica centrafricana, dal 2013 è stata confinata nel quartiere enclave del Pk5, non lontano dalla chiesa di Notre Dame. Il 28 maggio 2014 almeno quindici persone sono state uccise in un attacco alla chiesa, dopo che, tre giorni prima, tre giovani musulmani impegnati in una partita di calcio interreligiosa erano stati linciati e mutilati nel PK5.

Nelle varie pagine aperte circa gli aggiornamenti di questi ultimi anni, si può risalire all’origine di quanto ancora sta avvenendo, per il quale erroneamente più volte è stato indicato il  motivo religioso. In effetti si tratta di vecchi rancori tra le diverse etnie, amplificati da interessi esterni che hanno armato le diverse fazioni spingendole una contro l’altra.

Aggiornato al 29 Aprile 2018

Presto un resoconto del nostro socio Francesco (rientrato il 21 Aprile dopo tre mesi di permanenza nelle missioni cappuccine in Centrafrica) per comprendere meglio la situazione attuale in R.C.A. – Intanto, tra le segnalazioni di questi giorni, qualche istantanea scattata la vigilia della sua partenza ci può far intravedere l’ambiente di un quartiere di Bangui, la capitale, nei pressi di una delle scuole frequentate dai bimbi seguiti da Ita Kwe ormai da quattro anni: non sono neppure lontanamente paragonabili alle nostre costruzioni … più misere!!!

 

Aggiornato al 6 Aprile 2018

Aperto il nuovo sito della Diocesi di Bouar. Oltre alle notizie religiose, di certo da qui si potranno avere anche informazioni sull’andamento della Repubblica Centrafricana. In questo periodo il nostro socio Francesco Quell’Oller si trova ancora presso la missione di Bocaranga per svolgere servizio di volontariato affiancando i padri cappuccini. Presto sarà di ritorno e ci riferirà riguardo i progetti avviati da ITA KWE Flavio Quell’Oller e riguardo la situazione della popolazione centrafricana.

Aggiornato più sotto al 10 Marzo 2018

Con il cuore in Centrafrica ….

 

Pagina aperta il 22 Febbraio 2018

Dopo un lunghissimo periodo di silenzio sulla situazione del Centrafrica (vedi pagina precedente, aggiornata al 10 Ottobre 2017 e le tante altre pagine a partire dal dicembre 2013) riprendiamo il filone delle notizie dalla Repubblica Centrafricana.

Cogliamo l’occasione della recente consacrazione del nuovo Vescovo di Bouar, amichevolmente Mons. Mirek, e della presenza in loco del nostro socio Francesco Quell’Oller per sottolineare come, malgrado siano ancora molti i motivi di insicurezza dovuti al gran numero di armi e di “squilibrati” ancora in circolazione, la popolazione e i missionari hanno tanta voglia di andare avanti e voltare pagina.

Mentre vi rimandiamo alle pubblicazioni della stampa locale per cercare di colmare in parte  il “buco” di ben quattro mesi di nostra mancanza in merito agli aggiornamenti, sottolineiamo come la fascia più debole, cioè i bambini, siano stati seriamente colpiti da tutti questi anni di guerra.

Interessante il progetto del padre cappuccino polacco  Benedykt Pączka, che ha aperto una scuola di musica a Bouar, quasi come una sorta di psico-terapia oltre che di formazione musicale.

Interessante il “ponte” ideale e pratico che si sta realizzando tra alcune parrocchie poste esattamente sotto il Santuario della Madonna della Guardia e il Centro Arc en Ciel a Bocaranga, dove la parrocchia è dedicata proprio alla Madonna della Guardia, sebbene la festa sia stata spostata all’11 Febbraio a causa della stagione delle piogge.

In occasione della Quaresima, ben sei parrocchie si sono mobilitate per la …. raccolta delle sardine in scatola, da inviare con il prossimo container in partenza a breve per il Centrafrica.

In un giorno in cui abbiamo detto più volte grazie, ancora una volta dobbiamo dirlo in particolare ai giovani di Livellato, che già in occasione della colletta alimentare a fine novembre e nella figura di Alessio in qualità di tutor per il corso di informatica per migranti, hanno dato un contributo molto valido.